domenica 4 agosto 2013

Cosa c'è di moda?

I videogiochi sono un mondo strano, diverso da quasi tutto il resto dell'universo commerciale dell'intrattenimento. Però anche loro non sono del tutto esenti dalle mode. La moda - restando nell'ambito videoludico - è quel fenomeno che mette in evidenza alcuni titoli per ragioni non strettamente legate alla loro qualità intrinseca. Significa vendere un'idea, attinente o meno col gioco, che sta dietro al titolo vero e proprio, non il prodotto che di fatto si sta vendendo.

La libera e incontrollata diffusione dei pensieri (leggasi internet) è la migliore amica delle mode, perché senza di essa non potrebbero neppure esistere: affinché ci sia una moda deve esserci una "massa", un gruppo di persone con una stessa idea di fondo. E' una versione depotenziata delle allucinazioni collettive: credere in qualcosa solo perché si vede che altri ci credono.

Inutile dirlo, le mode "colpiscono" molto di più le persone meno informate, e soprattutto quelle meno propense alla critica e all'autocritica - quindi i principali "portatori" sono i ragazzi più giovani, tendenzialmente con poca esperienza e molta sicurezza in quello che credono. Vorrei partire da questa considerazione per capire perché col passare degli anni le mode hanno travolto sempre di più il mondo dei videogiochi: l'età media di chi ha accesso ad internet si sta progressivamente abbassando. E' uno stranissimo circolo vizioso complicato da ricostruire, ma penso che partendo da questo assunto possiamo ritrovare tutto il resto.

Come ho già scritto una settimana fa circa, l'aumento dei prezzi e la minore disponibilità di produrre e poi per l'utente di provare molti più giochi ha una parte fondamentale in tutto questo; ma se questo spiega il perché molti si affidino al sentito dire, e magari anche il perché i giochi di moda sono sempre pochi per volta (e quindi ironicamente sono "ancora più di moda"), rimane da capire le conseguenze vere di tutto questo.


Fino al 2007 non ricordo nessuna vera "moda" non ampiamente giustificata. Grand Theft Auto? Perfettamente legittimo, perché erano davvero degli ottimi giochi. Poi... forse PES? Nel momento d'oro un po' Prince of Persia... e basta. Non c'erano vere e proprie mode, e sto parlando da persona che in quegli anni andava alle scuole medie: se non ce n'erano tra di noi, di sicuro non c'erano tra i ragazzi più grandi. E, anche nel caso di Grand Theft Auto era una moda il gioco singolo, non la saga. Per capirci, io e i miei amici avremo giocato a San Andreas su PS2 fino a sfaldare i dischi, ma non facevamo mai discorsi del tipo "quando esce il prossimo?", se non proprio a ridosso della vera uscita. Tra l'altro, mi ricordo che quando uscì Liberty City Stories capivamo perfettamente che non sarebbe stato al livello di Vice City e di San Andreas: qualcuno lo comprò su PSP, ma solo perché era l'unico GTA portatile. Non ci fece di certo smettere di giocare agli altri due (soprattutto a SA, ma solo perché era più vasto e vario). E avevamo tredici anni.

Credo che tutto sia cambiato con l'ultima generazione di console: un attacco a tenaglia dei grandi publisher occidentali da una parte e di Nintendo dall'altra. Il risultato è stata la carneficina del panorama videoludico. Mai come oggi i giochi più famosi e più venduti sono stati scissi dai migliori.


Parliamoci chiaro, i titoli spazzatura, e anche i sequel spazzatura, sono sempre esistiti, anche nei videogiochi. Il problema è che da quel momento l'accecamento dovuto alla moda è stato spesso così forte da non far capire ai più che cosa avevano comprato neppure dopo averlo giocato. E' stata portata avanti l'idea (sinceramente non saprei dire neanche io come, ma ne vedo i risultati così chiaramente da non poterne dubitare) che il prodotto è bello quando è nuovo e perché è nuovo. E' il mercato usa e getta: la vendita finalizzata a vendere e l'acquisto finalizzato a poter dire "ce l'ho" dopo averlo desiderato principalmente perché tutti dicevano che sarebbe stato figo.

Già altre volte sono stato critico con i vari Assassin's Creed, ma il motivo non è strettamente nei giochi: presi singolarmente, sono tutti come minimo buoni. Il problema è che se li si guarda tutti insieme non si vede - o almeno io non vedo, magari sarò cieco - una giustificazione sufficiente per una simile ripetitività e limitatezza concettuale. Vice City e San Andreas sono simili, ma era un'altra epoca, i mezzi erano ben altri e soprattutto si può giocare il primo e poi il secondo senza l'impressione di stare facendo sempre lo stesso gioco. Ognuno aveva un suo sapore particolare; si sentiva che erano stati realizzati con un senso autonomo. Qualcuno vuole dire lo stesso per Brotherhood?

Lasciandoci alle spalle i nostri assassini, prendiamo a mano quella che potremmo definire l'altra maggiore commercialata della storia recente: Call of Duty. I primi tre Call of Duty erano buoni giochi, e fecero buone vendite. Modern Warfare era un gioco straordinario, e fece vendite straordinarie. Il problema è che le vendite della serie da quel momento in avanti sono addirittura salite da capitolo a capitolo, anche quando la qualità indiscutibilmente calava. Come mai? Effetto moda: comprare qualcosa perché sono convinto a prescindere che sarà bello. E la cosa comica e grave allo stesso tempo è che secondo me in molti, dopo aver giocato quel mezzo aborto che è stato Black Ops (magari non conoscendo MW per motivi anagrafici), si sono convinti che un bel gioco fosse proprio così. Insomma, la logica conseguenza non è stata "me lo aspettavo meglio", ma "allora è così che sono i giochi belli". E questa è la fine della qualità, perché la moda (unita ai prezzi) continua a far vendere sempre quegli stessi giochi, e quei giochi possono permettersi di essere bene o male come vogliono. Insomma, si è arrivati al punto in cui a chi produce le saghe con il merito/fortuna di essere di moda CONVIENE tenere alti i prezzi, per evitare che qualche pesciolino scappi dalla rete dopo aver provato magari anche qualcos'altro. Il sogno del capitalista: vendere quello che gli pare al prezzo che gli pare, consapevole che avrà comunque successo.

E se questo ha "infettato" la base di "gamer nativi", ovvero tutti quei ragazzi che per loro scelta naturale si stavano avvicinando al mondo dei videogiochi, c'è anche da considerare quello che è venuto direttamente dall'altra parte del mondo.


Nintendo è un'azienda strana. E l'effetto che ha sul grosso delle persone tutto quello che è molto strano è di generare emozioni estreme, ovvero o lo si ama o lo si odia. Io non amo certo Nintendo, ci tengo a specificarlo subito, ma fino a qualche anno fa non mi sarebbe neanche mai venuto in mente di dire che la odiavo. Ora sinceramente non saprei cosa rispondere.

Sono consapevole dell'importanza storica che ha rivestito per la storia dei videogiochi, e per quello la rispetto, ma non posso non notare cosa è sempre stata e cosa sia in realtà. Sotto la patina di un messaggio colorato e sorridente rivolto ad un pubblico molto "fanciullesco" ci sono diverse ombre - e non sono certo il primo a farlo notare. Alcune cose, soprattutto passate, sono state di una gravità oggettiva (vedi il rapporto monopolistico e asfissiante adottato con gli sviluppatori e i vari partner commerciali; denotando anche poca lungimiranza: la PlayStation avrebbe potuto uscire con marchio Nintendo, se non avessero deciso di far saltare tutto all'utlimo perché si erano accorti che a Sony, dopo la pubblicazione, sarebbe rimasta qualche piccola voce in capitolo in qua e là), altre possono sembrare scelte legittime (nessuna console Nintendo mai uscita ha adottato un supporto non proprietario e unico per i giochi), ma se si mettono insieme i pezzi del puzzle appare chiaro qual è il risultato: un'azienda che vuole controllare al 100% tutto quello che è di sua proprietà o che anche solo passa attraverso qualcosa di sua proprietà. L'utente ideale Nintendo non ha spirito di iniziativa, la sua immaginazione non viene stimolata nel senso maturo del termine. D'altronde, i giochi sono sì spesso di elevata qualità intrinseca, ma concettualmente sono, passatemi il termine, "instupidenti" (o stranianti, se preferite), e lo sono ancora di più guardandoli da un punto di vista occidentale. Pensate ad un ipotetico ragazzo di 18 anni che in vita sua ha guardato solo cartoni animati, mai un film o altro: non è necessario che i cartoni siano brutti perché la cosa abbia delle ripercussioni negative.

Quello a cui cerco di arrivare è che non bisogna farsi ingannare da quello che si vede sul palco o sul monitor, perché c'è anche un dietro da prendere in considerazione, e se così non si fa si continuerà sempre e solo a difendere la fabbrica di sogni fino alla fine dei propri giorni. Non sto ovviamente dicendo "boicottiamo Nintendo", questa sarebbe un'idiozia; sto dicendo "non guardate per forza tutto quello che Nintendo fa come se lo facesse il buon nonnino". Wii NON è opera del buon nonnino, ad esempio.

Wii può piacere o no, questa è una questione soggettiva, ma non si può ignorare cosa ha significato la sua creazione e diffusione. E' stato un messaggio chiaro da parte di Nintendo: "noi non ci uniformiamo, piuttosto saremo diversi da tutti"; questa almeno è la parte del messaggio che è passata più facilmente. Nintendo ha - penso proprio consapevolmente - realizzato la console più biecamente commerciale possibile. Perché nessuno nel settore lo dice? Perché non è commerciale in termini di videogiochi, ma di intrattenimento in generale; un videogiocatore che poco guarda al mercato in senso lato difficilmente se ne accorgerà mai, perché per lui ad essere "commerciali" sono Call of Duty, Assassin's Creed e Need for Speed.

Le vendite della Wii sono il più chiaro esempio di come una moda falsi il vero successo in termini videoludici di un prodotto. La Wii, con all'oggi circa 100 milioni di unità piazzate, è la terza console fissa più venduta della storia, oramai a un tiro di schioppo dalla PS1 e dal secondo posto. Ma la Wii ha generato un muro praticamente insuperabile tra se stessa e qualsiasi altra console non Nintendo, precludendosi praticamente tutti i giochi usciti su tutte le altre piattaforme, pc compreso. I giochi in esclusiva Wii sono stati COSI' belli da far vendere la console più di PS3 e Xbox360 pur essendo in totale un numero infinitamente minore del parco titoli delle altre due? Io non credo. E sono supportato dai dati.

Il gioco più venduto per Wii, nonché DELLA STORIA, è Wii Sports, 83 milioni di copie. Perché? Perché veniva in bundle con praticamente ogni Wii. Il secondo della lista? Mario Kart Wii. Con meno della metà delle copie vendute (34 milioni). E di poco sopra a Wii Sports Resort (31 milioni). Ma vediamo gli altri grandi titoli usciti su Wii. New Super Mario Bros Wii? Un più che discreto 28 milioni. Poi si va sempre di più verso il fondo del baratro. Super Mario Galaxy? Quasi 12 milioni. Super Mario Galaxy 2? Poco più di 6 milioni. Forse Zelda se la passerà meglio... Twilight Princess? Quasi 6 milioni. Skyward Sword? Neanche 3 e mezzo.

E allora chi occupa tutte le altre posizioni alte della classifica? Wii Play (28), Wii Fit (22,7), Wii Fit Plus (quasi 23)... Sono questi i giochi che ti spingono a scegliere Wii. Non vuole essere una battuta: se QUESTI sono i giochi più venduti, significa davvero che l'utenza media della Wii ha di gran lunga cercato questi titoli rispetto a tutti quelli che ho citato in precedenza. Direi che possiamo trarne una conclusione tanto ovvia quanto per qualcuno sconvolgente: la Wii non è stata per nulla un successo perché comprata da "giocatori hardcore". I 10 milioni, 15 a voler esagerare, di veri "fan Nintendo" che hanno preso una Wii perché era una console Nintendo che avrebbe venduto brand storici Nintendo impallidiscono davanti agli 85 - 90 che l'hanno presa PERCHE' ERA UNA MODA, e di videogiochi a queste persone non importa nulla. Che faccia fareste se vi dicessi che la regina Elisabetta gioca con una PS3 o una 360? La stessa che ho fatto io quando ho scoperto che ha una Wii.

Un telecomandino magico che ti fa fare delle stronzatine a video in tempo reale solo muovendo le braccia a destra e a sinistra: non è il sogno di tutti i casualoni di questo mondo? Peccato che le cose di moda vendano solo finché restano tali, e la Wii ha anche fallito miseramente nel "trascinare definitivamente" questa massa di curiosi nel mondo del gaming, quindi una volta finito l'effetto moda è stata dimenticata. Come faccio a dirlo? Non lo dico io, lo dice una console chiamata Wii U. Quelli che ancora credono che con le "grandi uscite" dell'anno prossimo Wii U recupererà almeno in parte il risultato di Wii hanno gli occhi coperti da funghetti e stelline, perché non si rendono conto che anche quando la gente AVEVA GIA' una Wii praticamente nessuno, rispetto a tutti i possessori della console, comprava le "grandi esclusive"; figuriamoci ora che persino la console non ha venduto! Le vendite di Wii U sono poco meno delle vendite che in un periodo di tempo simile avrebbe fatto registrare Wii se non ci fosse stato l'effeto moda esterno al gaming.


Se si deve parlare di mercato non si può non parlare di giochi, ma si deve anche parlare di mode. E dove le mode tendono a prevalere i giochi chiaramente finiscono per risentirne. Questo, almeno, è come la vedo io.