mercoledì 17 ottobre 2012

FPS, 2^ tappa: Raven Software

Abbiamo lasciato id Software nel pieno del successo dopo il rilascio di Doom; fino al 1996 il gruppo fu impengato a tempo pieno nello sviluppo di diversi sequel e ampliamenti del loro titolo di punta, che, pur presentando tutti le stesse identiche caratteristiche tecniche e solo un paio di nemici nuovi, riuscirono a registrare ottime vendite e non persero il "fascino alla Doom", anzi, probabilmente ne acquisirono di nuovo. La storia di id Software è sempre stata, ad ogni modo, legata a doppio filo a quella di un'altra casa di sviluppo abbastanza celebre negli anni '90 e oggi più dimenticata, Raven Software.


Raven Software nacque nel 1990, ed è quindi anch'essa da considerare a tutti gli effetti appartenente al nuovo filone videoludico occidentale. Il suo esordio fu con Black Crypt (1992), un titolo veramente dimenticato nella storia, ma che penso sia comunque importante nominare, soprattutto in funzione di quello che verrà dopo. Black Crypt è quasi in tutto e per tutto un RPG in stile Dungeon Master (uscito nel 1987 per Atari ST) con in aggiunta un sistema di creazione personaggi (se ne usano quattro contemporaneamente, ognuno di una classe predefinita ma con statistiche modificabili). Dell'FPS ha davvero molto poco: una mappa di gioco ingame. Tutto qui, sul serio.


Il secondo titolo firmato Raven Software si intitola ShadowCaster (1993), ed è oggi altrettanto dimenticato. Uscito l'anno seguente, sfrutta la già citata versione parziale della engine creata da Carmack che sarà poi di Doom. ShadowCaster è un titolo sicuramente più bizzarro e difficile da definire di Black Crypt, e sembra ancora più strano se collocato nella sua epoca. Non so dire se ShadowCaster sia ufficialmente il primo vero ibrido FPS-RPG nel senso moderno (che spiegherò fra poco), ma di sicuro è stato uno dei primi e probabilmente il primo a presentare tante anomalie in una volta sola.

Per parlare adeguatamente di ShadowCaster è prima necessario spiegare molto in breve gli standard RPG degli anni '90 (nonché precedenti). Da sempre gli RPG si basano su un sistema di personaggi con una classe e delle statistiche personali, che influenzano una risoluzione più o meno manifestamente matematica di combattimenti che coinvolge a sua volta in maniera maggiore o minore l'uso delle probabilità. In aggiunta, l'RPG per sua natura prevede l'esplorazione e la ricerca di oggetti comuni (per migliorare le probabilità di superare i combattimenti) o specifici (per proseguire oltre ostacoli altrimenti insuperabili). Le vesti grafiche dell'RPG sono sempre state qualcosa di successivo e generalmente subordinato a questi due aspetti fondamentali e imprescindibili, che furono la base di ogni singolo titolo ascrivibile a questa categoria fino, appunto, a metà degli anni '90, quando i rigidissimi canoni del genere cominciarono ad imbastardirsi.

ShadowCaster non è quindi un ibrido FPS-RPG nel senso che si tratta di un RPG con visuale e sistema di movimento più o meno riconducibile ad un FPS, ma appunto perché un gioco che presenta elementi dei due generi affiancati in un'unica meccanica completamente nuova. Questo particolare tipo di "FPS esplorativo" sarà utilizzato ancora, come vedremo tra poco, in casa Raven Software, oltre a venire adottato e reso celebre da Bethesda per la sua serie The Elder Scrolls, che ancora oggi si basa su una dinamica mista molto simile, sebbene svecchiata. ShadowCaster appare un po' come un RPG "semplificato" in cui non esistono livelli per il personaggio, non esistono statistiche, non esistono potenziamenti nel senso stretto del termine, gli oggetti trovabili sono unici, pochi e ad incontro obbligatorio e i combattimenti sono in tempo reale, sebbene basti quasi sempre attaccare a raffica per ottenere il miglior risultato possibile. ShadowCaster non fu famoso, ma credo sia stato il gioco evolutivamente più importante prodotto da Raven Software in tutta la sua storia; questa precisazione è fondamentale in funzione di quello che verrà dopo, per non commettere l'errore semplicistico di indicare il nome del gioco più famoso del gruppo e trattarlo come se fosse piovuto dal cielo (cosa che ritengo, alla pari di altre, alla base del modo dozzinale e semplicistico con cui anche gli esperti del genere spesso trattano la storia dei videogiochi).


Andando avanti in ordine cronologico siamo arrivati a CyClones. Si potrebbe facilmente liquidarlo come il più inutile della pagina (cosa non del tutto falsa), ma penso vada almeno notato che come FPS cercava di proporre una formula un po' diversa dalla moda di quegli anni, e cioè permetteva di gestire mira e movimento in modo indipendente. Non fu un esperimento molto riuscito, ma non nominarlo neanche mi sembra davvero un po' troppo.


E' dicembre 1994, per essere precisi un anno e tredici giorni dopo l'uscita di Doom, quando viene pubblicato Heretic. Heretic è senza dubbio il gioco più famoso che prenderò in analisi oggi; se guardato da solo, appare evidente come si tratti - in termini di gameplay - di un Doom pressoché identico all'originale con l'aggiunta di un sistema di zone di forza e di un inventario, che permette di decidere quando usare gli oggetti che si raccolgono invece di essere obbligati al consumo sul posto. E' tutto innegabile, ma mi piacerebbe che venisse fatta qualche considerazione in più in merito, per una volta.

Raven Software si è sempre tenuta sul confine tra FPS ed RPG, cadendo talvolta in uno o nell'altro. Se ShadowCaster era un RPG con qualche contaminazione FPS, ha senso dire che Heretic è esattamente il contrario, ovvero un FPS (e non uno qualunque, ma Doom, l'indiscusso migliore mai esistito per l'epoca) con l'aggiunta di alcuni elementi RPG, quale appunto la raccolta di oggetti in uno zaino. In termini di risultato sul gameplay le contaminazioni RPG non si fanno sentire molto, e il titolo ne uscirebbe abbastanza invariato anche senza; ciò non toglie che ancora una volta Raven Software aveva tentato l'azzardo di mescolare due generi prima assolutamente divisi, e si era "permessa" di sporcare il mitico Doom a proprio piacimento - fu un esperimento tutto sommato riuscito, ma non per questo meno azzardato. Non meno importante (ma quasi mai notata) la tematica low/dark fantasy di fondo, che fa di Heretic uno dei primi giochi in assoluto a provare a proporre un universo fantasy davvero originale, senza mostri stereotipati né i grandi classici del genere, riducendo il D&Desco al fatto che il protagonista è un elfo, fatto che si può scoprire peraltro solo leggendosi il background (lo vediamo in faccia durante tutto il gioco in una sola immagine, quella del pre-menu, e porta un cappuccio che lo copre fino al volto, rendendolo indistinguibile).

Insomma, per come la vedo io, Heretic ha (volutamente) vissuto di rendita sull'ottimo Doom per il 95%, modificando in maniera perfettamente riuscita il restante 5% e dando vita a un titolo nel complesso equilibrato, piacevole come l'originale ma dall'aspetto davvero nuovo, sia rispetto a Doom stesso sia in assoluto nel mondo dei videogiochi, se non del fantasy in senso lato (tema in cui non mi avventuro più di tanto perché che non credo di conoscere bene a sufficienza).


L'ultimo titolo di cui parlerò oggi, con relativo sequel, è quello che considero in un certo senso la conclusione di un ciclo, nonché l'ultima IP di Raver Software degna di essere veramente ricordata in quanto fautrice della storia degli FPS. Chiaramente parlo di Hexen.

Hexen (1995) è, molto semplicemente, un gioco pensato esattamente come ShadowCaster ma montato sulla engine di Doom. Denota la determinazione degli sviluppatori di portare avanti il loro sistema di gioco ibrido, nonostante il primo tentativo in quella direzione non avesse avuto un successo commerciale degno di nota (non quanto Heretic, comunque). Ancora una volta, Raven Software ha dimostrato di non limitarsi a dei "mescoloni", sapendo sapientemente prendere da ogni titolo fonte d'ispirazione le parti migliori e più adatte a combinarsi: se la Doom Engine (lievemente modificata per adattarsi ad un gioco che richiedeva script più complessi di "supera questa linea - attivatore - azione", ma nella sostanza sempre quella del 1993) è senza dubbio una solidissima base, vengono recuperate le atmosfere di Heretic, che erano state probabilmente il fiore all'occhiello di quel titolo, e la parte RPG di ShadowCaster, che garantiva una combinazione intelligente tra l'azione pura di Doom/Heretic e la soluzione di enigmi classica degli RPG, con ora anche l'aggiunta di una semplice scelta di "classe" del personaggio tra tre modelli fissi, ognuno dotato di armi diverse all'interno del gioco tendenzialmente più improntate su corpo a corpo, magia o un bilanciamento tra le due.

E ancora con Hexen II (1997) si manifesta esplicitamente la volontà di Raven Software di giungere ad un'ibridazione ottimale; è un titolo per cui faccio un breve salto temporale in avanti, ma la cui presenza in questo punto della trattazione è giustificata dalle sue caratteristiche di continuità con Hexen piuttosto che con la piega generale che il genere stava assumendo in quegli anni. Lo stile di gioco diventa più puramente FPS rispetto al primo capitolo, dando maggiore importanza all'azione frenetica in stile Quake (era tra l'altro anche costruito sulla stessa engine di Quake, presa in prestito da id Software e leggermente modificata; la storia si ripete) e meno a lunghe e meditate fasi esplorative per capire l'ordine della azioni da compiere in ambientazioni enormi e multi-livello. Per "bilanciare" questa variazione, dal punto di vista dell'"RPGità", il personaggio (di cui si può ancora scegliere la classe) ha adesso un sistema di upgrade per punti esperienza; cosa che porta, a mio avviso, Hexen II davvero ad un passo dal poter essere considerato il primo vero ibrido FPS-RPG della storia, se solo la componente dell'azione pura non si rivelasse puntualmente preponderante su tutto il resto al punto da mascherarlo, e rendendolo ancora "solo" un FPS con deviazioni RPG completamente assoggettate alla sua natura principale, esattamente come era stato per Heretic.


Con Hexen II si arriva la fine di un ciclo: Raven Software ha continuato a produrre vari giochi, anche FPS, e continua tutt'oggi, ma ha abbandonato da allora l'esperimento iniziato con successo di unire due generi così lontani quali erano FPS ed RPG a vantaggio di titoli più tradizionali, in linea con gli standard del momento e, per quanto occasionalmente degni di nota, totalmente ininfluenti ai fini del processo evolutivo che sto descrivendo.

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